martedì 30 dicembre 2008
sabato 27 dicembre 2008
RACCONTA IL MARE
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CAMBIAMENTI CLIMATICI O ... QUASI NORMALITA'

Confesso che i mutamenti climatici non sono mai stati in testa ai miei interessi scientifici. Non che prima d'ora non abbia mai pensato ai problemi del nostro strapazzato pianeta, ma è che di formazione sono un astrofisico, non sono un climatologo o un meteorologo, anche se come appassionato di mare proprio a digiuno di meteorologia non sono.
Premesso che i fenomeni meteorologici che stiamo osservando in questi anni, mesi e giorni, sono estremi e tutt'altro che da sottovalutare, personalmente trovo poco etico l'uso che alcuni organi di informazione fanno delle disgrazie meteorologiche e climatiche del nostro pianeta, trasformandole in una sorta di real TV catastrofista, ripetitiva, ansiogena e molto poco scientifica, solo per far audience.
Vorrei per questo, ma non solo per questo, affrontare il discorso dei mutamenti climatici da un punto di vista non meteorologico ma planetologico, considerando l'evoluzione del clima del nostro pianeta come una naturale conseguenza della genesi del nostro sistema planetario e della succesiva evoluzione della sua stella: il Sole.
C'è bisogno di fare dell'astroclimatologia e partire dalla genesi del Sole? Si, credo che sia opportuno. Ai tempi dei miei studi scolastici che ormai risalgono al secolo scorso, capitava, ma capita anche oggi, che alcuni libri di testo fossero inadeguati e contenessero teorie scientifiche e idee tutt'altro che innovative, concetti appartenenti più alla storia della filosofia che alla scienza.
Ecco, questo è proprio lo scopo di questo post, esporre in diretta un'idea sull'evoluzione climatica non solo del nostro pianeta, ma di tutti i pianeti del nostro universo, ottenuta da fatti incontrovertibili; se volete, questo è il risultato di un brain-storming ottenuto a partire da elaborazioni personali di argomenti scientificamente complessi che non coinvolge direttamente e solo l'atmosfera terrestre ma l'intero Sistema Solare.
In questi ultimi quindici-vent'anni anni, le scoperte sulla genesi stellare hanno minato alla base alcune credenze che innalzavano il nostro sistema planetario a "pezzo" unico nell'universo. L'osservazione ripetuta della formazione di nuove stelle e del modo in cui una stella in formazione accrescendo il proprio disco di gas e polveri che la circonda contribuisce alla preparazione della materia prima con cui si formeranno i suoi futuri pianeti, ha permesso di raggiungere una solida consapevolezza che gli eventi che hanno contribuito a formare il Sistema Solare non sono unici nell'universo, ma in ogni luogo che abbia le condizioni fisiche adeguate la formazione di un sistema planetario è una routine.
Quando in una protostella (cioè in una stella in formazione) le condizioni di pressione gravitazionale e temperatura interna sono sufficienti ad innescare le reazioni di fusione nucleare dell'idrogeno, la pressione di radiazione prodotta della luce emessa nelle reazioni di fusione termonucleare e dal vento stellare è tale da "soffiare via" il disco di gas e polveri che la circonda. La protostella a questo punto diventa una stella e si colloca con questo primo atto della sua esistenza in una particolare regione di un diagramma cartesiano HR colore - luminosità (HR dalle iniziali di Hertzsprung-Russell) che caratterizza tutte le giovani stelle.

Mi spiego meglio. Le stelle più antiche, le prime stelle che si sono formate a partire dalla materia primordiale, erano formate esclusivamente da grandissime quantità di idrogeno ed elio. Queste stelle classificate come di popolazione II o a volte anche di pololazione III, si sono oggi ormai estinte finendo verosimilmente la loro vita in gigantesche supernove o in Black-hole estremamente massivi che ora governano gravitazionalmente i nuclei di tutte le galassie compresa la nostra. Le stelle più recenti (di popolazione I), per capirci, quelle che si sono formate per attrazione gravitazionale da residui di idrogeno ed elio già contaminato in misura variabile dalla materia più pesante dell'elio, prodotta per nucleosintesi in generazioni e generazioni di stelle di popolazione II e I, contengono elementi pesanti come carbonio, ferro e tutti gli altri elementi della tavola periodica in grandi quantità e soprattutto in differenti proporzioni.
Ora, se una stella si forma a partire da una frazione consistente di elementi pesanti, oltre ad una buona dose di idrogeno ed elio indispensabile per la fase iniziale di combustione, in base alle proporzioni degli elementi che la formano dovrebbe avere un ciclo di combustione che sfrutta maggiormente gli elementi pesanti (ciclo C-N-O), sicuramente competitivo con quello dell'idrogeno (ciclo H). Ciò dovrebbe comportare, data la minor energia prodotta, una maggiore instabilità gravitazionale e di conseguenza la stella in base alla sua massa potrebbe abbandonare più rapidamente delle altre la sequenza principale del diagramma di Hertzsprung-Rassell che, in un certo senso, rappresenta il giardino di infanzia delle stelle. Proprio a queste differenze evolutive mi riferivo allora.
In generale l'evoluzione di tutte le stelle è caratterizzata da fasi successive di contrazione gravitazionale e successiva riespansione: una vera e propria pulsazione necessaria a innescare il bruciamento nucleare di elementi via via più pesanti che si formano quando l'idrogeno residuo diminuisce e si avvicina al novanta per cento della massa totale della stella. In stelle nascenti già con una marcata presenza di elementi pesanti, questo processo dovrebbe essere più marcato e violento, avvenendo prima che in altre stelle più pure. Durante queste fasi si verificano sempre forti rimescolamenti della massa interna, un po' come in una pentola in ebollizione. Il rimescolamento ha la funzione di portare gli elementi più pesanti verso la superficie e l'idrogeno verso il nucleo stellare. Può capitare non raramente che eccessi di energia diano vita a emissioni nello spazio di materia ionizzata e a sbuffi di materia più pesante dell'idrogeno. In una prima fase la materia emessa circonda la stella orbitando per poi ricadere sulla sua superficie solo se la velocità di eiezione è inferiore alla velocità di fuga dall'astro. Questo fenomeno di "inquinamento" dello spazio interstellare è sicuramente più frequente in stelle in cui la percentuale degli elementi pesanti è fortemente anomala, quindi più alta che in altre stelle.

La teoria di Sofronov (detta anche di accrescimento dei planetesimi) descrive la formazione dei pianeti per mezzo di un processo di accrescimento gravitazionale; una specie di bombardamento reciproco tra corpuscoli di materia che a partire dal pulviscolo orbitante, aggrega polveri e frammenti trasformandoli prima in granuli sempre più grandi, poi in meteoriti, fino ad arrivare a planetesimi: degli abbozzi degli attuali pianeti. Ai giorni nostri questo processo è osservabile sotto forma di caduta di meteoriti e asteroidi sui pianeti del Sistema Solare. Insomma, i crateri che osserviamo sulla superficie lunare e il fenomeno delle stelle cadenti, sono la prova visibile di questo processo che per il nostro sistema planetario è durato poco più di cento milioni di anni.
Il processo di accrescimento coinvolge principalmente la materia che si trova sulla fascia equatoriale della stella, mentre la materia che si trova fuori da questa fascia, cioè quella più spostata verso i poli stellari non prende parte immediatamente al processo, ma si avvicina gradualmente e più lentamente ai pianeti in formazione, in parte venendo catturata in orbita, in parte, specialmente per i pianeti privi di atmosfera, ricadendo sulla superficie sotto forma di micrometeoriti.

Ora, questo processo dovrebbe essere sufficientemente lento da avvenire anche quando i pianeti sono strutturati e hanno iniziato il loro cammino evolutivo. Il pulviscolo che si avvicina ai pianeti, inquina lo spazio esterno circostante, assorbendo e riflettendo la radiazione stellare e riducendone l'illuminazione superficiale. Questo processo può avvenire a ondate successive, in quanto la materia che circonda la stella si compatta disponendosi su dischi sovrapposti, stratificati e separati, con differenti velocità orbitali e differente velocità di avvicinamento alla fascia equatoriale principale della stella. Ad ogni arrivo di un nuovo disco di polveri, corrisponde un aumento della densità di materia che si interpone tra stella e pianeta con una conseguente riduzione dell'irraggiamento globale.
Tre possibili indizi di questo processo sono:
(a) l'andamento a fasi alterne successive del riscaldamento e raffreddamento del nostro pianeta (vedere grafico delle temperature qui sotto) che potrebbero essere correlate con le fasi di ricaduta periodica del pulviscolo orbitale;
(b) la presenza contemporanea durante o subito dopo le fasi di raffreddamento di tracce di elementi tipici della composizione stellare nei ghiacci polari. La loro presenza può essere giustificata solo con il fatto che il pulviscolo principalmente formato da micrometeoriti è ricaduto sulla superficie del pianeta, specialmente ai poli, dove la forza centrifuga tipica dei processi orbitali è pressoché nulla;
(c) le immagini attuali di altri sistemi planetari in formazione scattate dal telescopio orbitale Hubble, che mettono in evidenza come i pianeti già formati siano immersi in nubi di polveri non solo sul piano orbitale.


Se fosse veramente così, il nostro pianeta forse ora non corre un rischio terribile come si teme, perché che ci piaccia o no il disco di polveri interstellari prima o poi transiterà abbassando la temperatura del nostro pianeta sino alle temperature tipiche di una piccola era glaciale forse simile a quella da cui siamo appena usciti (1300-1850 d.c.): comunque sia, il riscaldamento attuale è anomalo e rischia di produrre dei danni irreversibili sull'ambiente che mettono a rischio la sopravvivenza di molte specie animali compresa la nostra, una responsabilità troppo grande con la quale non dobbiamo assolutamente abituarci a convivere.
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martedì 2 dicembre 2008
MARE D'INVERNO
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Negli anni passati gli eventi metereologici non sono mai stati teneri ma in questi ultimi due tre anni l'autunno e la primavera mettono in campo burrasche e tempeste, rinnovate in intensità e frequenza, oltre a temporali più simili a tempeste elettriche e a improvvisi e spettacolari vortici che nulla hanno di piacevole. Vero è che alle nostre latitudini il peggio che si può attendere è una tempesta forza 10-11 (che vi garantisco non è per niente piacevole), ma la frequenza e la rapidità con cui questi fenomeni si verificano ormai in ogni stagione non permette negligenze.

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